ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALOR MILITARE

Alfonso La Marmora

Nasce a Torino il 17 novembre 1804, per tradizione familiare, fu allievo dell'Accademia Militare di Torino e venne nominato sottotenente d'artiglieria nel marzo 1822, dopo alcuni viaggi di studio compiuti per tutta l'Europa, nel 1823 fu incaricato dal re di Sardegna Carlo Alberto di dirigere il rammodernamento dell'artiglieria sarda.

Nella prima campagna d'indipendenza del 1848, comandante di un gruppo d'artiglieria a cavallo, si distinse a Monzambano, a Borghetto, a Valeggio ed a Peschiera, meritandosi una medaglia d'argento al valore e il grado di colonnello, il 5 agosto 1848 liberò Carlo Alberto dai rivoluzionari milanesi.

Alfonso La Marmora

Promosso colonnello nel giugno 1848 e quattro mesi dopo maggior generale, fu ministro segretario di stato per gli affari della guerra e della marina, per breve tempo, nei ministeri Pinelli e Gioberti.

Lasciò l'incarico per assumere il comando della 1° divisione, poi, il 1° aprile 1849 fu promosso luogotenente generale di divisione e contemporaneamente fu inviato a Genova con pieni poteri di commissario straordinario.

La città in quei giorni di vive agitazioni politiche, dopo l'insuccesso della campagna di guerra, era insorta e si dovette alla di lui opera se l'ordine vi fu ristabilito al prezzo di oltre 450 morti.

Fu decorato della medaglia d'oro al valor militare con regio decreto 15 aprile 1849, perchè: «incaricato di ristabilire l'ordine nella città, per impedire le conseguenze di un moto insurrezionale, riuscì con molta audacia e somma attività a cacciare gli insorti, soffocando così sul nascere un movimento che poteva portare gravissime conseguenze».

Con D'Azeglio e Cavour fu nominato nuovamente ministro delle guerra e riorganizzò l'esercito rendendolo forte e flessibile, nonostante il ridotto numero degli effettivi.

Nel 1855 fu al comando della spedizione di Crimea, distinguendosi nel combattimento della Cernaja dove ebbe la sventura di veder morire di fiero morbo suo fratello il generale Alessandro, fondatore del Corpo dei bersaglieri.

Nel marzo 1858 fu decorato dell'Ordine Supremo della SS. Annunziata euna volta firmata la pace venne promosso generale di armata.

Nel 1859 lo combatté a San Martino nel 1859 contro l'esercito austriaco e dopo l'armistizio di Villafranca fu per sei mesi Presidente del Consiglio, in sostituzione di Cavour che si era dimesso.

Nel 1860 fu inviato a Berlino e San Pietroburgo con il compito di ufficializzare il riconoscimento del Regno d'Italia presso gli altri paesi europei e successivamente ottenne la carica di governatore di Milano.

Nel 1861 venne nominato prefetto di Napoli e comandante della città, dove combatté il brigantaggio.

Il 15 settembre 1864 il capo del governo Marco Minghetti sottoscrisse una convenzione franco-italiana, in forza della quale otteneva da Napoleone III il ritiro della guarnigione francese da Roma, ma accettava di trasferire la capitale da Torino a Firenze ma il suo operato fu biasimato dallo sesso Re licenziò il Minghetti con un telegramma e, il 28 settembre 1864, lo sostituì con il La Marmora.

Nel corso del suo governo egli trasferì la capitale in tempo record (3 febbraio 1865) ed ottenne dalla Spagna il riconoscimento del Regno d'Italia.

Nel 1865 rassegnò le dimissioni, ma subito dopo per ordine del re si ritrovò a dover formare un nuovo ministero: durante la carica di primo ministro stipulò un trattato d'alleanza con la Prussia (1866) e, pur di rimanere coerente ad esso, rifiutò l'offerta austriaca del Veneto in cambio della neutralità italiana nella guerra del 1866.

Il 17 giugno 1866 lasciò il governo per entrare in guerra con la carica di comandante dell'esercito, ma, a causa della perdita della guerra culminata nella sconfitta di Custoza del 23 giugno 1866, ne fu esonerato durante l'armistizio di Cormons (12 agosto 1866).

Fu ancora a capo, per un breve periodo, del corpo d'armata di Firenze, dove nel frattempo era stata trasferita la capitale.

Dopo la presa di Roma fu primo luogotenente del re d'Italia nei territori ex-pontifici e infine si ritirò a vita privata.

Morì a Firenze il 5 gennaio 1878 e venne sepolto a Biella nella chiesa di San Sebastiano.