ISTITUTO DEL NASTRO AZZURRO FRA COMBATTENTI DECORATI AL VALOR MILITARE

Francesco Crispi

Nasce a Ribera, 4 ottobre 1819,  proveniente da una famiglia Arbëreshë (una popolazione di lingua albanese che vive nell'Italia meridionale. Essi si stanziarono in Italia tra il XV e il XVIII secolo dopo la morte dell'eroe nazionale albanese Gjergj Kastriot Skanderbeg. Nel corso dei secoli gli arbëreshë sono riusciti a mantenere la propria identità in maniera talmente forte da poter essere ancora identificati oggi come albanesi).
 
Nel 1846 iniziò l'attività di avvocato a Napoli ma alcuni anni dopo scoppio della rivoluzione siciliana a Palermo si affrettò a raggiungere l'isola dove prese parte attiva alla guida dell'insurrezione ma, volta restaurato il governo borbonico, fu escluso dai benefici dell'amnistia e costretto a rifugiarsi in Piemonte.

Francesco Crispi

Qui coinvolto nella cospirazione mazziniana di Milano del 6 febbraio 1853, fu espulso dal Piemonte e costretto a rifugiarsi a Malta, Parigi e successivamente raggiunse Mazzini a Londra, dove continuò a cospirare per il riscatto dell'Italia.

Rientrò in Italia 15 giugno 1859, pubblicò una lettera in cui si opponeva all'ingrandimento del Piemonte, autoproclamandosi fautore di uno stato italiano unito e repubblicano, viaggiando in incognito in varie città siciliane si prodigò nei preparativi dell’insurrezione del  1860.

Tornato a Genova, organizzò insieme a Bertani, Bixio, Medici e Garibaldi la Spedizione dei Mille e, aggirando con uno stratagemma le esitazioni di Garibaldi, fece in modo che la spedizione prendesse il via il 5 maggio del 1860.

Dopo gli sbarchi a Marsala il giorno 11 e a Salemi il 13, Garibaldi fu proclamato dittatore della Sicilia con le parole d'ordine «Italia e Vittorio Emanuele».

Con la caduta di Palermo fu nominato Ministro dell'Interno e delle Finanze del governo siciliano provvisorio, ma fu presto costretto a dimettersi a seguito dei contrasti fra Garibaldi e gli emissari di Cavour sulla questione dell'immediata annessione all'Italia.

Nominato segretario di Garibaldi, Crispi ottenne le dimissioni di Depretis, che Garibaldi aveva nominato dittatore in sua vece.

Successivamente venne nominato da Garibaldi Ministro degli Esteri e da Napoli avrebbe sicuramente continuato ad opporsi risolutamente al Cavour se l'arrivo delle truppe regolari italiane non avesse portato all'annessione del Regno delle due Sicilie all'Italia; al ritiro di Garibaldi a Caprera e alle ovvie dimissioni dello stesso Crispi.

Nel dicembre 1877 prese il posto di Giovanni Nicotera al Ministero degli Interni del governo Depretis, e il suo breve dicastero (70 giorni) fu caratterizzato da una serie di importanti avvenimenti.

Il 9 gennaio 1878 la morte di Vittorio Emanuele II e l'ascesa al trono di Umberto diedero modo a Crispi di garantire il formale insediamento di una monarchia unitaria attraverso l'assunzione da parte del nuovo re del nome di Umberto I Re d'Italia.

Per nove anni la carriera politica di Crispi subì una battuta d'arresto, ma nel 1887 ritornò in carica come Ministro degli Interni nel governo Depretis, succedendogli come primo ministro lo stesso anno, causa la morte del vecchio "camaleonte" della politica, oramai facile obiettivo delle critiche dell'opposizione per la disfatta coloniale a Dogali e logorato anche nella salute.

Una delle sue prime iniziative da capo del governo fu quella di recarsi in visita presso Bismarck, che desiderava consultare riguardo il  funzionamento della Triplice Alleanza.

Basando la propria politica estera su tale alleanza, integrata dal trattato navale con la Gran Bretagna (il cosiddetto naval entente), negoziato dal suo predecessore, Conte Nicolis di Robilant, Crispi assunse un atteggiamento risoluto nei confronti della Francia, interrompendo i lunghi e infruttuosi negoziati sul trattato commerciale franco-italiano, e declinando l'invito francese ad organizzare un padiglione italiano alla grande Esibizione Internazionale di Parigi del 1889.

In politica interna Crispi completò l'adozione dei codici sanitario e commerciale e riformò l'amministrazione della giustizia.

Abbandonato dai propri alleati del Partito Radicale, Crispi governò con l'appoggio della Destra fino a quando, il 31 gennaio 1891 un'incauta allusione ad un preteso atteggiamento servile del partito conservatore nei confronti delle potenze straniere portò alla caduta del suo governo.

Nel dicembre 1893 l'incapacità del governo Giolitti di ristabilire l'ordine pubblico in Sicilia (i Fasci siciliani) e in Lunigiana, ebbe come conseguenza la richiesta da parte dell'opinione pubblica del ritorno al potere di Crispi.

Dopo aver riassunto l'incarico di Primo Ministro represse con forza le insurrezioni, e appoggiò con decisione le energiche misure correttive adottate dal Ministro delle Finanze Sonnino, per salvare le finanze dello stato italiano, duramente scosse dalla crisi del sistema bancario degli anni 1892-1893.

La risolutezza di Crispi nella repressione dei moti popolari, ed il suo rifiuto sia di uscire dalla Triplice Alleanza che di sconfessare il proprio ministro Sonnino, causarono una rottura con il leader radicale Cavallotti, il quale lo attaccò con una spietata campagna diffamatoria.

Ciononostante nelle elezioni generali del 1895 Crispi ottenne una vastissima maggioranza, ma un anno dopo, la sconfitta dell'esercito italiano ad Adua durante la prima guerra Italo-Abissina provocò le sue dimissioni.

Il successivo governo Rudinì dette credito alle accuse di Cavallotti, e, alla fine del 1897 la magistratura chiese alla Camera l'autorizzazione a procedere contro Crispi con l'accusa di appropriazione indebita.

Una commissione parlamentare incaricata di indagare sulle accuse mossegli, stabilì soltanto che Crispi, nell'assumere l'incarico di Primo Ministro nel 1893 aveva trovato il fondo di dotazione dei servizi segreti privo di disponibilità, e quindi aveva preso a prestito da una banca di stato la somma di 12.000 lire, da restituirsi con rate mensili garantite dal Tesoro.

La commissione, considerando questa procedura irregolare, propose alla Camera, che accettò, un voto di censura, ma si rifiutò di autorizzare l'incriminazione.

Morì a Napoli il 12 agosto 1901.