In Evidenzia - Curiosità - La Battaglia di Pantelleria      
 

 

 

La Battaglia di Pantelleria

 

Giugno - Agosto 1942, lontana estate di guerra, con il Mediterraneo teatro di due aspre battaglie aeronavali nelle quali gli italo-tedeschi prevalsero, ma fu un cruento ...canto del cigno, poiché,  nel volgere di appena tre mesi, la sconfitta ad El Alamein e lo sbarco Alleato nell’Africa Occidentale francese avrebbero impresso alle operazioni militari un deciso, irreversibile sviluppo a favore degli anglo-americani.

A sessantasei anni da quegli eventi, divenuti storia, è meritevole farne memoria anche per il rispetto dovuto a coloro che, nell’uno e nell’altro campo, ne furono partecipi con valore ed alto senso del dovere.

All’inizio di Giugno, con Rommel saldamente in Egitto, attratto dal...miraggio delle piramidi che gli sarà fatale e l’assediata piazzaforte di Tobruk sul punto di essere espugnata, per gli inglesi la situazione si presentava...sconsolante, come ha scritto il loro ministro Anthony Eden, aggravata inoltre dal ricorrente assillo di mantenere il possesso del’isola di Malta, essenziale punto di riferimento nel cuore del Canale di Sicilia.

All’entrata dell’Italia nel conflitto, Churchill si era autorevolmente battuto affinchè l’Isola – strategico crocevia di importanti correnti di traffico – fosse “tenuta”, pagando qualsiasi prezzo, al fine di trasformarla in una minacciosa spada fiammeggiante. Scelta coraggiosa quanto improba perchè, nei primi due anni di guerra, aveva divorato ingenti quantità di mezzi, armi, materiali, con forti perdite di navi,
vite umane, e duri sacrifici per le popolazioni maltesi.

Nel Maggio ‘42, mentre il premier britannico stava incontrando il russo Molotov, che sollecitava rifornimenti e l’apertura del “secondo fronte” in Europa, riceveva un estremo appello dal Governatore di Malta, lord Gort: viveri razionati, munizioni  e carburanti in esaurimento; senza immediati reintegri, inevitabile il collasso e la resa.

E Churchill, pur conscio che al momento le disponibilità erano ridotte all’osso, imponeva all’Ammiragliato di compiere ogni sforzo affinchè l’Isola fosse subito rifornita sfidando il rischio certo di tirarsi addosso l’intero dispositivo aereo e navale nemico.

Da mesi menomata la “Mediterranean Fleet”, fu necessario rastrellare ovunque piroscafi e unità di scorta, sottraendoli alle prioritarie necessità di alimentare l’URSS, per organizzare due convergenti operazioni.

La Harpoon, da Gibilterra; la Vigorous, in partenza dall’Egitto, secondo il consueto piano studiato per costringere le forze avversarie a dividersi, o concentrare l’offesa soltanto su di un obiettivo, evitandola all’altro.

Cinque mercantili, per 42mila tonnellate, erano posti sotto carico a Glasgow-Clyde; altri dieci venivano approntati ad Haifa, Bejrut e Suez, mentre alcune unità, a rinforzo, affluivano dall’Oceano Indiano.

L’operazione Vigorous – agli ordini dell’Ammiraglio Harwood - era la prima a muovere, l’11 Giugno, preceduta da un “falso” convoglio, guidato  all’incrociatore Coventry,

mandato in avanscoperta allo scopo di attirare la flotta italiana, esponendola all’insidia di sommergibili e aerosiluranti.

A proteggere dieci navi da carico – 72mila tonnellate di sopravvivenza per Malta – erano: la vetusta corazzata Centurion, otto incrociatori, ventisei cacciatorpediniere, naviglio minore e i diciotto sommergibili in agguato lungo l’itinerario.

Mancando portaerei, la eventuale copertura era affidata ai cento Spitfire di Malta. A ponente, nella notte sul 12 giugno, aveva lasciato Gibilterra anche l’Harpoon, al comando dell’Ammiraglio Curteis.

Ai cinque mercantili stracolmi si era aggregata la cisterna Kentucky con  oltre 5mila tonnellate di preziosissimi carburanti. La “Forza H” di scorta,  comprendeva la corazzata Malaya, cinque incrociatori, diciassette caccia, dragamine, corvette e soprattutto le portaerei Eagle e Argus che recavano venti caccia e tredici siluranti.

Sino dal giorno 12, l’efficiente Servizio Informazioni italiano aveva segnalato al Comando Supremo l’avvenuta partenza dei convogli, consentendo di predisporre le contromisure più consone.

Trecentocinquanta erano i velivoli della Regia Aeronautica e un centinaio quelli del CAT, il Corpo Aereo Tedesco, schierati in Sardegna, Sicilia, Pantelleria, Libia, Grecia e Creta. In allarme anche le Divisioni della Regia Marina, allerta i sommergibili già in mare e mandati in volo numerosi ricognitori con la consegna di individuare gli schieramenti nemici valutandone la consistenza, precisandone la posizione. Insiti, in un quadro generale siffatto, i prodromi di un durissimo scontro, oggi ricordato come battaglia di “Mezzogiugno” o di “Pantelleria”.

Primo ad essere avvistato era il complesso Vigorous che, la sera del 13, subiva i violenti attacchi dei tuffatori del CAT:“Stuka” e Ju.88 provenienti dalla Grecia.

Era centrato il cargo City of Calcutta, che cercava di riparare a Tobruk, scortato, mentre il Coventry incassava una rosa di schegge.

L’offensiva della Luftwaffe continuava il mattino e il pomeriggio del 14, assieme ai bombardieri italiani “Cant.Z”. Lievi danni subivano la Centurion e la Corvetta Primula.

Più serie invece le conseguenze per i mercantili: danni gravi al Potaro; affondati, l’olandese Aagtekirk e il Bhutan.

Quanto al complesso Harpoon, i ricognitori lo avvistavano soltanto il 13 Giugno, senza più abbandonarlo. La prima grande azione di contrasto la producevano, in forze, gli aerei della Regia
Aeronautica, il mattino del giorno 14. Otto caccia-bombardieri Fiat, biplani, si lanciavano in attacchi quasi suicidi contro le navi da guerra piazzando le bombe vicinissime alla Argus e all’incrociatore Charybdis.

Li avevano guidati sugli obiettivi, con compito di “radiofaro”, due trimotori S.M.79, uno dei quali al comando di un pesarese, il giovane ed esperto Tenente Alberto Leonardi.

Trattenutosi scientemente in zona per assolvere al meglio il proprio compito, il suo velivolo era ripetutamente mitragliato dai caccia Hurricane, frattanto levatisi dalle Portaerei, che lo facevano precipitare in fiamme senza superstiti.

Anche i Fiat pagavano il loro coraggioso slancio con sei apparecchi perduti e quattro piloti caduti.

Condotte con estrema decisione anche le successive ondate di aerosiluranti S.M.84 e S.M.79, incuranti dell’infernale fuoco di sbarramento.

Colava a picco il Piroscafo Tenimbar ed era gravemente danneggiato l’Incrociatore Liverpool costretto a rientrare a Gibilterra a lento moto, assistito da Cacciatorpediniere.

Sette gli aerosiluranti italiani abbattuti col sacrificio dei loro equipaggi. Può farsi risalire a questa azione l’inizio della battaglia vera e propria che si accendeva nelle ore successive, sia contro l’Harpoon che contro il Vigorous, senza soluzione di continuità, da un estremo all’altro del Mediterraneo.

Nella notte sul 15, Motosilurati tedesche uscite da Derna, colpivano l’Incrociatore Newcastle ed il Caccia Hasty che gli stessi britannici erano costretti ad affondare. Le incursioni riprendevano alle prime luci del 15 Giugno allorquando aerei del CAT centravano la petroliera americana Kentucky provocando un vasto incendio.

Colpita una seconda volta, gli inglesi, loro malgrado, ne provocavano la fine. Altre bombe dei “picchiatori” affondavano i mercantili Burdwan e Chant.

Nuove formazioni subentravano accanendosi specialmente sull’ormai scompaginato convoglio Vigorous, danneggiando la vecchia corazzata Centurion, l’incrociatore Arethusa e, molto più seriamente il Birmingham ed i Caccia Airedale e Nestor.

Il primo subito a picco, il secondo affondato, per ordine superiore, da una unità “amica”.

La notte successiva, il Sommergibile tedesco U-205, che seguiva i “resti” del Vigorous, silurava e affondava l’incrociatore Hermione.

Infine, a causa di malintese procedure, nei pressi di Malta, alcune navi entravano in campi minati pagando l’errore con l’affondamento del Cacciatorpediniere polacco Kujawiak.

Intanto, dal pomeriggio del 14, era scoccata l’ora della Regia Marina. Da Taranto salpavano le Corazzate Littorio e Vittorio Veneto con gli Incrociatori Garibaldi, Duca D’Aosta, Gorizia e Trento, accompagnati da dodici Caccia.

Al comandante,  Ammiraglio Jachino, affidato il compito di sbarrare la strada per Malta al complesso Vigorous.

Da Palermo, era la volta  della 7^ Divisione Incrociatori dell’Ammiraglio Da Zara con l’Eugenio di Savoia, il Montecuccoli e cinque Cacciatorpediniere. Rotta, su Pantelleria per intercettare l’Harpoon. Giunto in zona senza alcun incontro, Da Zara proseguiva puntando a Sud ma ignorando che Curteis, temendo il peggio, aveva disposto il rientro a Gibilterra di alcune unità, lasciando l’ingrato compito di far giungere a Malta i cinque Piroscafi rimasti, all’incrociatore Cairo e ad uno stuolo di Caccia e Dragamine.

All’alba del giorno 15, la 7^ Divisione, avvistava questo gruppo di navi e le impegnava con un’azione a fuoco che proseguiva per alcune ore. Aggressiva ed efficace. Immobilizzato il caccia Bedouin, centrato il Partridge, danneggiato il Cairo.

Nel corso dello scontro gravi danni subiva il caccia Vivaldi che comunque riusciva a tornare a Taranto assistito dal Malocello.

Quando poi la brillante azione di Da Zara era conclusa, un aerosilurante italiano affondava il  già malandato Bedouin.

Di conserva, ma in altre acque, il gruppo Littorio e gli incrociatori avevano continuato la navigazione notturna, subendo infruttuosi attacchi di aerosiluranti.

Anche a Jachino, il mattino del 15 giugno, riservava sorprese e suscitava dubbi; nessuna nave del Vigorous era alle viste. Il motivo l’avrebbe appreso più tardi da un ricognitore che aveva scorto gruppi di navi dirigere verso Alessandria.

Di fatto, constatata l’entità delle perdite e l’impossibilità di passare, il comando inglese aveva ordinato il ripiegamento generale, rinunciando definitivamente a raggiungere l’Isola dei Cavalieri.

L’imprevista situazione imponeva anche alla Squadra italiana di volgere la prua verso casa ma costringendola ad offrirsi, quale ghiotta preda, ai Sommergibili e ai coriacei aerosiluranti Beaufort.

Ed era proprio un Sommergibile, l’Umbra, a silurare e affondare il Trento , purtroppo con la perdita di quasi metà dell’equipaggio.

Poi, tornavano i Beaufort e, la notte sul 16, siluravano anche la Littorio che, seppure a velocità ridotta, entro il pomeriggio era di nuovo a Taranto.

 

* * *
Al termine della lotta, prescindendo dai molti uomini Caduti, fattore doloroso e di primaria importanza per tutti, sempre, in ogni guerra, erano i britannici a doversi confrontare con un esito che il loro Ammiraglio Vian ebbe a definire“un penoso fallimento”.

Infatti, se gli italo-tedechi lamentarono l’affondamento del Trento, i danni subiti dalla Littorio,
dal Vivaldi e la perdita complessiva di cinquantaquattro apparecchi, per Londra, oltre alla falcidia di  navi e ai trenta aerei non rientrati, soprattutto pesò il dato essenziale: dei sedici partiti, soltanto due erano stati i Piroscafi survived approdati a Malta, recando “appena” 25 mila tonnellate di materiali. Assolutamente insufficienti.

Premessa per rendere indispensabile reiterare l’impresa e dare luogo ad una nuova ed ancor più dura battaglia, di lì a due mesi.


Cesare Gori

 

Pubblicato sul periodico "Il Nastro Azzurro" n. 5 2008

 

 

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