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Giuseppe Garibaldi: un Repubblicano al servizio del Re

 

L’unità d’Italia si è potuta fare per l’abilità e la sagacia politica di Cavour e per la generosità e la capacità tattica di Garibaldi. Gli altri personaggi, pur autorevoli ed importanti, giocarono ruoli da comprimari. Perfino il re Vittorio Emanuele II (chissà perché non volle cambiare la numerazione quando da re di Piemonte e Sardegna divenne re d’Italia), che pure aveva messo a repentaglio il suo stato e il suo regno nell’impresa, giocò sempre di rimessa, man mano che il suo primo ministro Cavour tesseva la tela della sua spericolata politica estera.

L’apoteosi di tale politica fu la preparazione della leggendaria impresa dei mille. La seconda guerra d’indipendenza aveva portato all’unificazione di gran parte del nord Italia sotto la corona sabauda, ma si trattava solo di circa un terzo del territorio della penisola. Prendere gli altri due terzi significava sfidare apertamente il Papa e tutta l’Europa. Il regno di Piemonte non se lo sarebbe potuto permettere, nonostante il capolavoro diplomatico di Plombieres, la partecipazione alla guerra di Crimea, dei cui esiti alla corona sabauda non importava assolutamente nulla, e varie altre accortezze sul piano dei rapporti internazionali.

Tutta l’Europa era favorevole ad un ridimensionamento dell’Impero Austroungarico, quindi non avrebbero ostacolato l’attivismo piemontese finché non fosse divenuto a sua volta una minaccia alla supremazia di altre potenze.

Attaccare il Regno delle due Sicilie (alleato della Gran Bretagna e della Spagna) e lo Stato Pontificio (alleato della Francia) rappresentava una seria minaccia alla stabilità dello scacchiere mediterraneo.

Ecco che il pittoresco “generale” Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, metà pirata, metà condottiero, mai un vero militare, sempre una sorta di “irregolare” rivoluzionario, poteva trovare la giusta collocazione in tale situazione. I mille erano pochi, male armati, condotti in terra siciliana a Marsala, cioè il più lontano possibile dal centro nevralgico del regno borbonico, lì sbarcati alla chetichella e senza alcun segno di riconoscimento se non le famose “camicie rosse” e l’ancor più famoso condottiero Garibaldi.

Se l’impresa fosse fallita, il regno piemontese non ne sarebbe stato coinvolto. I mille non solo non fallirono, ma ebbero un  successo travolgente, al punto che Vittorio Emanuele II, rotti gli indugi, radunò l’esercito “regolare” e, alla sua testa, andò incontro al “suo” Garibaldi.

Per raggiungerlo ancora in  Campania, dovette scontrarsi con le truppe vaticane e batterle, realizzando così l’annessione del territorio dello Stato Pontificio alla nuova nazione italiana. La precipitazione con cui il re mosse incontro a Garibaldi non era dettata dalla necessità di avvicendarlo nella guerra, dopo che egli aveva percorso combattendo tutta la Sicilia, la Calabria, la Basilicata e la Campania, ma solo dal timore che Garibaldi, una volta “liberata” l’Italia meridionale e centrale dai legittimi sovrani, indicesse libere elezioni e vi istituisse un governo “repubblicano”.

Tale  timore trovava legittimazione nei ben noti incontri che Garibaldi aveva avuto con Mazzini, il quale aveva anche militato nelle “camicie rosse” durante le “cinque giornate” di Milano e nella partecipazione del “Generale” alla Repubblica Romana.

Garibaldi in realtà non aveva mai neppure lontanamente pensato a tale opportunità politica, considerando sempre epilogo naturale di tutta la vicenda, la leale cessione a Vittorio Emanuele II delle terre conquistate significando, con tale gesto, la sua profonda consapevolezza che i mille erano esistiti per un solo fine: unificare l’Italia sotto la corona sabauda.

Per questa ragione, quando egli incontrò il re alla Taverna della Catena presso Teano, rimase molto male quando questi lo congedò quasi subito invitandolo “a riposarsi con i suoi uomini”, chè la battaglia decisiva contro le truppe papaline l’avrebbe condotta l’esercito regolare.

Rimase male, ma si fece da parte. Del resto, Garibaldi era l’uomo che, fermato mentre stava marciando vittoriosamente verso Trento, disse “obbedisco”. C’era abituato.

In effetti possiamo affermare che, se Cavour fu l’artefice dell’unità, l’esecutore materiale fu senz’altro Garibaldi. Eppure, l’eroe dei due mondi era sempre poco considerato a corte, come nei salotti buoni, in parlamento (fu senatore del regno) come nei circoli politici, ecc… La scarsa considerazione non si riferiva alla sua indubbia capacità tattica, quanto piuttosto alla sua estrazione sociale. Egli, infatti, anche se ha quasi sempre vinto ogni battaglia nella quale si è cimentato, e sono state molte, non era un militare “professionista”.

Era un autentico, romantico, incorreggibile avventuriero e, come tale, più che essere promotore di atti e gesta, era solo l’abile ed infallibile “esecutore” di imprese pianificate da altri con scopi che talvolta a lui sfuggivano perfino, ma nelle quali si gettava a capofitto con ardore e generosità. Quando poi si avvedeva che le cose prendevano una piega a lui sgradita, si ribellava con tutte le sue forze, ma non veniva mai meno agli impegni presi. I frequenti “ritiri” nella sua isola di Caprera erano altrettante dichiarazioni di rabbiosa presa di distanze dagli intrighi della politica che pure tanto doveva a Garibaldi e alla quale Garibaldi stesso doveva tutto. Resta comunque un fatto: l’unità d’Italia è stata voluta da Vittorio Emanuele II, pianificata da Camillo Cavour, ma è stata effettivamente “completata”, dai mille di Giuseppe Garibaldi.

Antonio Daniele

 

 

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807, da Domenico e Rosa Raimondo e morì a Caprera il 2 giugno 1882.

Giovanetto, corse i mari col padre, capitano marittimo; poi la natura generosa ed ardente lo spinse sugli oceani e verso lontane terre. In America avvicinò esuli e proscritti infiammandosi all’idea di libertà.
 
Si arruolò marinaio di 3^ classe nel Corpo degli equipaggi sardi col nome di guerra Cleombroto (matricola 280) e, nel 1834, fuggì in America perché condannato a morte in contumacia per la sua partecipazione ai moti insurrezionali nel Piemonte. Nelle Repubbliche Americane del Sud combatté ovunque vi fosse una causa di libertà e di giustizia da difendere.

Il grande amore di Patria lo richiamò in Italia a combattere per l’indipendenza della sua terra: nel 1848 fu in Lombardia contro l’Austria e a difesa della Repubblica Romana nel 1849.

Le prime tappe gloriose della sua vita eroica in terra italiana. Nel 1859, nominato generale nell’Esercito sardo, assunse il comando della brigata “Cacciatori delle Alpi”, nella quale affluirono volontari di ogni condizione sociale provenienti dalle varie regioni della penisola, veterani delle precedenti guerre e coscritti alle prime armi, solo infiammati dal grande ardore per la causa nazionale e dal fascino del condottiero che così valorosamente si batteva per la libertà.

Partito il 20 maggio da Biella, passò il Ticino la notte del 23, occupò di sorpresa Sesto Calende ed entrò la sera dello stesso giorno in Varese. Quindi, con geniale manovra ed impetuoso ardimento, aggirando dalla destra il nemico che tentava  d’impedirgli la via di Como, lo sconfisse inesorabilmente a S.Fermo, il 27 maggio, obbligando così il maresciallo austriaco Urban a ripiegare su Monza.

Il personale valore del Condottiero fu premiato con la Medaglia d’Oro concessagli con Regio Decreto 8 giugno 1859 con la seguente motivazione:

“per le prove di intrepidezza e bravura nei combattimenti contro gli Austriaci a Varese ed a Como”.

Dal maggio all’ottobre del 1860 portò le sue “Camicie Rosse”, con lo slancio della fede e con la ferrea volontà di vincere o di morire, da Marsala al Volturno, consegnando alla storia l’impresa leggendaria dei mille.

Seguirono: nel 1862 l’episodio di Aspromonte, nel 1866 le operazioni militari sulle Alpi del Trentino contro l’Austria e nel 1867 Mentana. Nell’autunno del 1870, dimentico dell’offesa di Mentana, generosamente combatté a Digione coi suoi volontari nella guerra franco-germanica.

Il grande silenzio di Caprera, nella solitudine e nel raccoglimento, concluse la vita del “Cavaliere dell’umanità” che aveva reso l’ideale di libertà e di giustizia non privilegio di pochi, ma diritto di tutti.

(tratto dal volume “Le Medaglie d’Oro al Valor Militare dal 1848 al 1870” edito a cura del Gruppo M.O.V.M. – Ediz.
1950)

 

Tutto il mondo ha celebrato Giuseppe Garibaldi

Il semplice elenco di tutti gli eventi con i quali è stata celebrata nel mondo la figura di Giuseppe Garibaldi nel bicentenario della sua nascita avrebbe richiesto più di metà delle pagine di questa rivista.

Tanto è stata importante e carismatica la figura dell’Eroe dei due Mondi che ovunque si è sentita la necessità di ricordarne la vita e le gesta con iniziative di ogni genere.
 
Le cerimonie ufficiali sono state numerosissime, quelle a livello nazionale sono state ben dodici (il resoconto di  quella svoltasi a Roma nel riquadro qui sotto), alle quali si aggiungono due grandi manifestazioni internazionali svoltesi rispettivamente a New York e a Montevideo.

Altrettanto numerosa la produzione pubblicistica: diciassette nuovi libri e pubblicazioni stampate hanno visto la luce, sei eventi musicali, ventuno prodotti video (documentari per la televisione, film storici, produzioni su Cd e DVD).

Garibaldi è stato il tema di ben trentasei convegni e  seminari dei quali cinque si sono svolti all’estero.

Quattro iniziative si sono rivolte al recupero ed al restauro di altrettanti monumenti (una ha inteso recuperare  la nave “Torino” che sbarcò i mille a Marsala).

Trentarè le mostre e le manifestazioni a carattere culturale.

Nel campo dell’oggettistica d’arte, della numismatica e della filatelia, si sono registrate sei iniziative, tra le quali spicca  l’emissione del francobollo commemorativo (vds. Riquadro alla pagina accanto).

Anche lo sport si è ispirato al bicentenario di Garibaldi: sette gli eventi sportivi a carattere nazionale che hanno ricordato Garibaldi. Il più importante ed originale è stato la mostra itinerante “Garibaldi in giro” che ha esposto cimeli e ricordi garibaldini seguendo le tappe del “Giro d’Italia”.

Ci sono stati anche concorsi nelle scuole di ogni ordine e grado, ricerche finalizzate e progetti culturali e perfino la predisposizione di un archivio elettronico con un ottimo motore di ricerca disponibile sul web.

Tutte le iniziative dimostrano quanto il nome di  Garibaldi sia impresso nella cultura e nella storia mondiale e quale onore ne tragga il nostro Paese ad annoverarlo tra i propri Padri della Patria.

Antonio Daniele

 

Napolitano: l'Eroe esprime idealità ancora vive


L’Italia ha celebrato degnamente il bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi con numerosi eventi, manifestazioni e cerimonie svoltisi in tutto il Paese.

A Roma, la celebrazione del 4 luglio ha avuto inizio nella mattinata al Gianicolo dove, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stata deposta una corona d’alloro presso il monumento dedicato all'Eroe dei Due Mondi, mentre la Pattuglia Acrobatica Nazionale - Frecce Tricolori disegnava il tricolore più lungo del mondo nel cielo
della capitale.

L’evento è poi proseguito nell’Aula di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, dove, sempre alla presenza del Capo dello Stato, si è svolta la solenne cerimonia di commemorazione.

Dopo i saluti del Presidente del Senato, Franco Marini, e del Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, hanno preso la parola il Sottosegretario Andrea Marcucci, Presidente del Comitato Nazionale per le Celebrazioni della nascita di Giuseppe Garibaldi e il senatore Valerio Zanone che ha tenuto la prolusione commemorativa.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel corso della commemorazione, ha reso anche omaggio al busto di Giuseppe Garibaldi “restituito”, per l’occasione, al luogo solenne del Salone Italia di Palazzo Madama e ha affermato che Garibaldi non è tanto “…una figura del passato storico, ma un’espressione di idealità ancora vive della democrazia italiana…”.

In serata, in 3 diverse piazze della Città, si sono svolti i concerti delle bande dell’Esercito Italiano, della Marina Militare e dei Carabinieri.

Inoltre, per tutta la giornata del 4 luglio, su iniziativa del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, i musei e i siti archeologici statali sono stati aperti al pubblico gratuitamente.

A cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero per i Beni e le attività culturali, è stato pubblicato a tutta pagina sui principali quotidiani italiani l’ordine del giorno che l’eroe dei due mondi diffuse da Calatafimi, il 16 maggio 1860, all’indomani della vittoriosa battaglia:


" Soldati della libertà Italiana! Con compagni come voi, io posso tentare ogni cosa, e ve l'ho provato ieriportandovi ad una impresa ben ardua, pel numero dei nemici, e per le loro forti posizioni. Io contavo nelle vostre
fatali bajonette, e credete che non mi sono ingannato" .

 

POSTE ITALIANE HA EMESSO IL FRANCOBOLLO DI GARIBALDI

Il 4 luglio 2007, secondo centenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, Poste Italiane ha emesso un francobollo commemorativo del valore di 0,65. Il valore è stampato dall’Officina Carte Valori dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., in rotocalcografia, su carta fluorescente non filigranata; formato carta: mm 40 x 30; formato stampa: mm 36 x 26; dentellatura: 13 x 131/4; colori: cinque più inchiostro interferenziale trasparente-oro; tiratura: tre milioni e cinquecentomila esemplari; foglio: cinquanta esemplari, valore " 32,50". La vignetta raffigura, in primo piano a destra, un ritratto di Giuseppe Garibaldi, sullo sfondo un’immagine d’epoca del porto di Nizza e della casa natale dell’eroe dei due mondi. Completano il francobollo la leggenda “GIUSEPPE GARIBALDI”, le date “1807 – 1882”, la scritta “ITALIA” ed il valore “ 0,65”. Realizzatrice del bozzetto è stata Cristina Bruscaglia.

A commento dell’emissione è stato posto in vendita il bollettino illustrativo con articoli a firma dell’On.le Andrea Marcucci, Presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi e della Dott.ssa Anita Garibaldi, Presidente del Comitato Internazionale Giuseppe Garibaldi.

Il Negozio “Spazio Filatelia” – Piazza San Silvestro 20 – Roma e l’Ufficio Postale di La Maddalena (SS) hanno utilizzato, il giorno di emissione, il rispettivo annullo speciale realizzato a cura della Filatelia di Poste Italiane e, inoltre, hanno posto in vendita una cartolina raffigurante particolari contenuti nella vignetta del francobollo commemorativo, al prezzo di 0,52, oltre il valore del francobollo.

La cartolina può anche essere prenotata presso tutti gli Sportelli Filatelici del territorio nazionale e i Negozi “Spazio Filatelia” di Roma, Milano e Venezia.

 

GARIBALDI PRVATO

Offriamo qui una visione più intimista e personale della figura di Giuseppe Garibaldi, analizzandone l’aspetto della vita privata. Nulla di inedito, ma un piacevole approfondimento che rende la mitica figura del “Generale” più umana e vicina a noi.

Come noto, Giuseppe Garibaldi nacque il 4 luglio 1807 a Nizza. La città, all’epoca, faceva parte del Regno di Piemonte e Sardegna, ma nel 1860 essa, con tutta la Savoia, venne ceduta a Napoleone III in cambio dell’appoggio militare francese contro l’Austria nella seconda guerra d’indipendenza. Garibaldi ne fu profondamente addolorato ed ebbe un burrascoso colloquio con Cavour, ma poi accettò la situazione.

Nel privato dei sentimenti familiari, Garibaldi era profondamente devoto a sua madre, al punto che, poiché essa venne a mancare il 19 marzo 1852, giorno di San Giuseppe, egli non volle mai più festeggiare il proprio onomastico.

La scrittrice inglese Jessie White Mario, soprannominata dalle “Camicie Rosse” l’inglesina, seguì devotamente Garibaldi in tutte le campagne di guerra e ne descrisse le imprese nel libro “Vita di Garibaldi”.

Egli fu anche deputato e con lui lo furono molti suoi ufficiali, tra i quali ricordiamo il colonnello Giovanni Cadolini.

L’avventura militare aveva cementato tra i due una reciproca profonda stima ed amicizia testimoniata dall’indimenticato ex Direttore di questa rivista, il generale Cesare Simula, che ci ha messo a disposizione alcuni cimeli dell’archivio di famiglia utili per questo pezzo.

L’eroe dei due mondi aveva un carattere energico, fiero e generoso, ma talvolta aveva bisogno di allontanarsi dalla vita politica e sociale e ritirarsi, moderno Cincinnato, lontano dal fragore della battaglia.

L’impervia, bellissima isola di Caprera fu il suo rifugio: quando non si dedicava alla coltivazione dei piccoli orti che circondavano la sua casa, Garibaldi scriveva.

La sua produzione letteraria è stata riproposta anche di recente grazie a Bettino Craxi, appassionato studioso dell’epopea garibaldina, che ha scritto presentazioni e prefazioni delle moderne edizioni di numerosi libri di Garibaldi.

L’eroe chiuse la sua avventurosa esistenza il 2 giugno  1882 nella sua Caprera, lasciando in eredità ai posteri l’Italia unita.

Antonio Daniele

 

 

Pubblicato sul periodico "Il Nastro Azzurro" n. 2 2007

 

 

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