In Evidenzia - Curiosità - Luigi Rizzo - Medaglia d'oro al Valore Militare      
 

 

 

Luigi Rizzo

 

Nacque a Milazzo l’8 ottobre nel 1887 viene ammesso all’Accademia Navale di Livorno per la frequenza del Corso Allievi Ufficiali di Complemento nel 1907, l’anno successivo conseguì la nomina a Guardiamarina e nel 1912 la promozione a sottotenente di vascello. Partecipò al conflitto Italoturco (1911-1912) e nel primo conflitto mondiale, dal giugno 1915 alla fine del 1916, fu destinato alla difesa marittima di Grado dove, agli ordini dell’Ammiraglio Cagni, si distinse particolarmente ottenendo anche una Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Trasferito nella neonata arma dei MAS, prese parte a significative missioni di guerra dimostrando forte tempra di ufficiale comandante  e grande eroismo.

Di seguito si ricordano le imprese più significative che gli valsero le decorazioni al Valor Militare: maggio 1917: cattura di due piloti di idrovolante austriaco ammarato per avaria; per tale azione ottenne la seconda Medaglia d’Argento al Valor Militare; dicembre 1917: affondamento della corazzata guardacoste austriaca Wien, avvenuto al largo di Trieste e, nello stesso mese, per le missioni compiute nella difesa delle foci del Piave, venne decorato di una terza Medaglia d’Argento al Valor Militare, ed ebbe la promozione a tenente di vascello per meriti di guerra e il passaggio in s.p.e.; febbraio 1918: con Gabriele D’Annunzio e Costanzo Ciano partecipò alla Beffa di Buccari, ottenendo la quarta Medaglia d’Argento al Valor Militare; giugno 1918: il giorno 10, al largo di Premuda, attaccò ed affondò la corazzata “Szent István”.

Per questa azione venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia, tramutata poi, con R.D. 27 maggio 1923, in Medaglia d’Oro al Valor Militare.

“Volontario fiumano” nel 1919, nel 1920 lasciò il servizio attivo con il grado di capitano di fregata. Nel 1929 assunse la presidenza della Società di Navigazione Eola. Nel 1936, volontario, partecipò al conflitto italo-etiopico col grado di Contrammiraglio.

Promosso Ammiraglio di Squadra nella Riserva Navale, nel settembre 1943, quale presidente dei Cantieri Riuniti dell’Adriatico, ordinò il sabotaggio dei transatlantici e dei piroscafi affinché non cadessero in mano tedesca.

Per questa sua direttiva venne deportato in Germania con la figlia Guglielmina. Rimpatriato al termine del conflitto, fu stroncato da un male incurabile a Milazzo il 27 giugno 1951

Decorazioni e riconoscimenti per merito di guerra:

Medaglia d’Oro al Valor Militare (Trieste, dicembre 1917)
Medaglia d’Oro al Valor Militare (Premuda, giugno 1918)
Medaglia d’Argento al Valore Militare (Alto Adriatico, novembre 1915);
Medaglia d’Argento al Valore Militare (Alto Adriatico, maggio 1917);
Medaglia d’Argento al Valore Militare (Litorale Nord Adriatico, ottobre- novembre 1917);
Medaglia d’Argento al Valore Militare in commutazione della Medaglia di Bronzo al Valore Militare concessa con R.D. 21-5-1918 (Buccari, febbraio 1918);
2 Croci di Guerra al Valore Militare (in commutazione di altrettante Croci di Guerra al Merito).

 

LA BEFFA DI BUCCARI


L’azione svoltasi nella notte dell’11 febbraio 1918, passò alla storia come la beffa di Buccari, e fu annoverata dagli storici “tra le imprese più audaci” del conflitto con una “influenza morale incalcolabile”, anche se purtroppo “sterile di risultati materiali”. Al comando di Costanzo Ciano, all’azione parteciparono i M.A.S. 96 (al comando di Rizzo con a bordo Gabriele D’Annunzio), 95 e 94, rimorchiati ciascuno da una torpediniera e con la protezione di unità leggere.

Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 del 10 febbraio, i tre M.A.S. iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari.

L’audacia dell’impresa trova ragione di essere nel percorso di 50 miglia tra le maglie della difesa costiera nemica, anche se l’attacco non riuscì, dato che i siluri lanciati dalle 3 motosiluranti si impigliarono nelle reti che erano a protezione dei piroscafi alla fonda. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l’incredulità dei posti di
vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, e che non reagirono con le armi ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco.

Dal punto di vista propriamente operativo, emerse un elemento importante dalla scorreria dei M.A.S. a Buccari: le facili smagliature ed il mancato coordinamento del sistema di vigilanza costiero austriaco che finiva per prestare il fianco all’intraprendenza dei marinai italiani sempre più audaci.

L’impresa di Buccari ebbe poi una grande risonanza, in una guerra in cui gli aspetti psicologici cominciavano ad avere un preciso rilievo, anche per la partecipazione diretta di
Gabriele D’Annunzio, che abilmente orchestrò i risvolti propagandistici dell’azione e che lasciò in mare davanti alla costa nemica, tre bottiglie ornate di nastri tricolori recanti un satirico messaggio così concepito: “In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.

 

L’IMPRESA DI PREMUDA


Il 10 Giugno 1918, al largo dell’Isola di Premuda, Luigi Rizzo, con i MAS 15 e 21 (comandato da Giuseppe Aonzo) attacca una formazione navale Austriaca ed affonda la Corazzata Santo Stefano.

Di seguito due brani in cui l’Eroe racconta la sua impresa: “Potevano essere le tre: era ancora notte, ma non più completamente buio. Avevamo il rampino a mare ed incrociavamo sperando di incocciare qualcosa, ma inutilmente... A lento moto, il tempo non passava mai, sicché per far venire presto l’alba, mi mettevo di tanto in tanto al timone… Tutto il canale di Luttostrak era stato rampinato: nulla.

Non ci rimaneva ormai altro da fare che salpare il rampino e ripiegare sul punto A dove avevamo lasciato le due torpediniere. Così decido: consegno il timone a Gori e gli indico la rotta per il punto A.

Prendo un salvagente avvoltolato come cuscino e mi sdraio sul ponte, con la faccia alle stelle. La notte è rugiadosa e mi sento intorpidito: col lieve rullio, le stelle corrono da un capo all’altro del bordo: ed io le inseguo metodicamente, mezzo assopito…


Quand’ecco, a dritta, al nord, lontano sull’orizzonte, delle nuvole di fumo! Dalla parte di Pola? Ma allora non possono essere nostre unità: ad ogni modo è da escludere che siano le nostre torpediniere, perché quelle debbono trovarsi a ponente, verso la nostra prora.

E poi sono troppo guardinghe e fumo non ne fanno. Dunque i fumi sono nemici. Subito mi viene il dubbio che dalla stazione di vedetta di Gruica abbiano potuto scorgere i Mas: avranno dato l’allarme a Lussin, ed ecco che hanno inviato dei cacciatorpediniere per darmi la caccia.

Chiamo Gori e gli mostro il fumo che si fa sempre più manifesto, che si avvicina. Noi stiamo navigando verso il largo e probabilmente chi viene alla nostra ricerca ancora non ci ha scorti, ma io sono impaziente di appurare di che si tratta.

Perciò accosto a dritta e dirigo verso il fumo. Noi siamo pronti a tutto: del resto anche se tentassimo di sottrarci a tutta forza, non potendo sviluppare più di venti miglia, una volta avvistati saremmo inseguiti, cannoneggiati, affondati.

Meglio approfittare della luce ancora incerta e se possibile farsi sotto ed attaccare… A piccolo moto, seguito dal Mas 21, dirigo incontro al fumo, prendendo la rotta di collisione…

Aguzzo lo sguardo ed intravedo le soprastrutture di grosse navi, forse un convoglio? Ma quelle sono corazzate e tutt’intorno delle siluranti! Attento Gori! Avvertire Mas 21 che abbiamo di prua una divisione navale, certamente nemica… Il cuore mi da un tuffo: c’è da fare buona caccia stamane…”


“Avvicinando il nemico mi accorsi dell’esattezza dell’ipotesi trattandosi di due grosse navi scortate da 8 o 10 cacciatorpediniere che le proteggevano di prora, di poppa e sui fianchi. Decisi di eseguire il lancio alla minima distanza possibile e perciò diressi in modo da portarmi all’attacco passando fra i due caccia che fiancheggiavano la prima nave a una distanza di non oltre 300 metri. I due siluri colpivano la nave scoppiavano quello di dritta fra il primo e il secondo ciminiere, e quello di sinistra fra il ciminiere poppiere e la poppa, sollevando due grandi nuvole di acqua e fumo nerastro. I siluri essendo preparati per l’attacco contro siluranti erano regolati a metri 1,5. La nave non eseguì alcuna manovra per evitare i siluri”.

Luigi Rizzo

 

 

Pubblicato sul periodico "Il Nastro Azzurro" n. 4 2008

 

 

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