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Roberto Di Ferro: il più giovane fucilato d'Italia

 

Roberto di Ferro è una delle più giovani Medaglie d’Oro al Valor Militare della lotta di Liberazione.

Nato a Malvicino in Provincia di Alessandria il 7 giugno del 1930, è stato fucilato dai nazi-fascisti a Pieve di Teco (Imperia) il 28 marzo 1945: a Roberto mancavano tre mesi per compiere quindici anni.

Nel 1943 la famiglia si era trasferita ad Albenga dove Roberto aveva completato l’obbligo scolastico ed aveva iniziato a cercare lavoro. Ad Albenga, dopo l’8 settembre 1943, aveva conosciuto il movimento di resistenza e vi aveva aderito con l’incarico di staffetta.

Poi, nell’estate del 1944, era entrato a far parte di una formazione partigiana dell’entroterra savonese, come combattente ed aveva assunto lo pseudonimo di “Balletta” che in dialetto locale vuoi dire “pallina”, in considerazione della sua giovane età e della vivacità atletica del suo comportamento.

Malgrado i ripetuti richiami dei genitori, che lo avrebbero voluto con loro e da loro protetto, restò con i suoi amici, manifestando la ferma volontà di opporsi all’invasore e la speranza di un avvenire di giustizia e libertà. Con questo animo partecipò a diversi scontri a fuoco.

Nella notte tra il 24 e il 25 marzo 1945, Roberto e altri  dieci partigiani vennero attaccati da preponderanti forze nazi-fasciste e, dopo forte resistenza, finite le munizioni, furono catturati.

Dieci di loro furono immediatamente trucidati. Roberto fu risparmiato nella speranza che rivelasse posizioni ed entità della sua formazione e condotto nel Municipio di Pieve di Teco.

Qui, per tre giorni, fu sottoposto ad interrogatori e torture ma non parlò. Vista inutile ogni violenza, fu trascinato sulla riva di un torrente e nelle prime ore del 28 marzo 1945 (a meno di un mese dalla fine del secondo conflitto mondiale) fu fucilato.

A Roberto Di Ferro è stata concessa la M.O.V.M. alla  memoria con la seguente motivazione:

“Primo fra i primi nelle più audaci e rischiose imprese,
ardente di fede ed animato dal più puro entusiasmo, appena
quattordicenne partecipava alla dura lotta partigiana,
emergendo in numerosi fatti d’arme per slancio
leonino e per supremo sprezzo del pericolo.
Dopo strenuo combattimento contro preponderanti forze nazifasciste,
in cui ancora una volta rifulse il suo indomito valore, esaurite
le munizioni, veniva catturato e condotto dinanzi ad un giudice tedesco.
Benché schiaffeggiato e minacciato di terribili torture,
si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare atrocità dell’oppressore.
Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio, nulla rivelarono
che potesse nuocere ai compagni di fede ed alla causa tanto amata.
Condannato a morte rispondeva:
«Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno ».
La brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente
dedicata alla liberazione della Patria.
Magnifico esempio di valore e di giovanile virtù.
Pieve di Teco, 28 marzo 1945”.

 

Dal 25 aprile 1959 riposa, con altri cinquantanove partigiani, nel Campo della Gloria del Cimitero di Albenga.

In Alessandria - su proposta della Federazione Provinciale del Nastro Azzurro - il 10 febbraio 2007, nel 62° Anniversario del suo sacrificio, gli è stata dedicata una via della città.

 

 

Pubblicato sul periodico "Il Nastro Azzurro" n. 3 2007

 

 

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