In Evidenzia - Curiosità - Il Generale Pollio      
 

 

 

Il Generale Pollio

 

L’Istituto del Nastro Azzurro, del quale facciamo piacevole parte da vecchia data, per la prima decorazione al valore militare (1938), svolge una benemerita azione presso i giovani perché vogliano trovare in sé gli stimoli per essere migliori oppure imitino l’esempio di quelle figure esemplari per la vita e per le opere dedicate ad una società più consona ai basilari principi di civiltà e di progresso.

In questa iniziativa, nella quale è di esempio anche il Presidente Nazionale Comandante Zanardi, vogliamo continuare ad inserirci anche noi dopo diversi compatrioti dei quali abbiamo più volte parlato (p.e.: Cesare Battisti). Ci dedichiamo questa volta alla nobile figura di un Comandante e di un italiano, il Tenente Generale Alberto Pollio, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano tra il 1800 e il 1900.

Nasce a Caserta, 21 aprile 1852: fu un caso naturalmente ma vide la luce qualche secolo dopo… il giorno della fondazione di Roma.

CARRIERA MILITARE

• Collegio Militare di Roma;
• Accademia Militare di Modena;
• Scuola di Applicazione di Artiglieria di Torino (dovette portare i gradi di Sergente fino a raggiungere i 18 anni, età prescritta per i sottotenenti);
• Capitano, Colonnello di Artiglieria, Comandante di Reggimento;
• Tenente Generale Capo di Stato di Maggiore dell’Esercito dal 1908;
• Aiutante di Campo del Re d’Italia.

I sette anni dell’altissima carica (pochissimi, come generalmente e giustamente affermato: morì improvvisamente nel 1915, come descriveremo in dettaglio più avanti) furono caratterizzati da un continuo susseguirsi di idee, tradotte rapidamente in concrete iniziative brillanti:

• per i quadri degli ufficiali e sottufficiali;
• per il reclutamento che, con la sua azione, incoraggiò e premiò;
• per i rapporti con gli inferiori che, pur nella indispensabile severità, basò sulla reciproca stima che l’inizio
della guerra confermò;
• per la cura scrupolosamente approfondita dei materiali di armamento e di equipaggiamento;
• per gli accordi con l’amico, prima, con il nemico poi;
• per la lealtà e sincerità in ogni contrasto;
• per la dimostrazione spontanea del coraggio, aliena da ogni esibizionismo;
• per la necessaria, diciamo pure pignolesca, cura degli alloggiamenti;
• per la particolare attenzione ai corpi speciali (bersaglieri, ciclisti, cavalieri, ecc…) sui quali fece sempre leva.

 

LO SCRITTORE


Il Gen. Pollio ebbe sempre particolare inclinazione per gli studi storici, in particolare per la storia militare; la sua fama di scrittore è soprattutto legata a due pubblicazioni:

• “Custoza” (1886) in cui fece un lavoro coscienzioso su quella sfortunata campagna, mettendo in luce con assoluta obbiettività e serenità gli errori che portarono al suo esito negativo;
• “Waterloo” (1906) fu un contributo tra tanti altri, ma che si distinse per la lucidità con la quale ogni affermazione critica veniva analizzata attraverso la sua, possibile confutazione.

Una terza volta lo scrittore portò attenzione all’invasione di Napoleone (1906-1907) contro i russo-prussiani, in uno studio del 1906 che fu pubblicato solo nel 1935, in onore dell’83° anniversario della nascita del Generale Pollio.

Nell’ambito della tattica, il Capo di S.M. provvide alla compilazione delle “Norme generali di impiego delle grandi unità” e delle “Norme di combattimento”.

Non si può dimenticare che la fama del Gen. Pollio fu soprattutto generata dalla preparazione e dalla condotta dell’impresa libica, un capolavoro di genio militare.

 

LA TRAGICA SCOMPARSA


Malauguratamente, il 1 luglio 1914, durante uno dei suoi viaggi, mentre era a Torino per assistere ad alcuni esperimenti, la sua robusta fibra non resisteva ad un attacco cardiaco, e il Gen. Pollio moriva tra la generale costernazione.

Ma la sua opera continuò, e i frutti del suo lavoro nella costante preoccupazione per l’efficienza dell’esercito si videro quando, circa un anno dopo, la nazione fu mobilitata per la prima guerra mondiale.

I successori di Pollio raccolsero l’eredità della sua abbondante e proficua seminagione, sicché si può ben dire che la sua morte tolse a lui l’onore e l’onere di guidare il nostro Esercito. Ma egli fu presente nelle trincee e nelle retrovie, con la sua opera materiale e morale.

E non si può guardare senza commozione la sua fotografia, nella quale egli è ritratto nella sua severa e attillata uniforme, con le massime onorificenze concessegli per quanto egli fece per l’Esercito e per il Paese.

Né va omessa in chiusura l’affermazione del Generale tedesco Moltke: “un nemico che resterà sempre nella nostra memoria”.


Cesare Simula

 

Pubblicato sul periodico "Il Nastro Azzurro" n. 3 2008

 

 

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