In Evidenzia - Curiosità - La vera storia del sommergibile Calvi      
 

 

 

La vera storia del sommergibile Calvi

 

Il nostro associato dott. Prof. Giordano Russo, figlio del Capitano del Genio Navale Aristide Russo, ufficiale di macchina del sommergibile “Pietro Calvi” affondato in Atlantico nella notte del 14 luglio 1943 da preponderanti forze navali inglesi, ci ha scritto lamentando una incresciosa situazione.

La casa editrice Mondadori ha pubblicato da ormai cinque anni un libro dal titolo “Uomini sul fondo – storia del sommergibilismo italiano dalle origini ad oggi” in cui la vicenda del “Calvi” non viene descritta secondo verità storica, gettando un’ombra inaccettabile sulla sua fine gloriosa e sull’eroica morte del padre.

Non potendo fare altro, per venire incontro alla giusta richiesta di verità, ripubblichiamo volentieri ancora una volta un articolo che narra l’epopea del nostro sommergibile e del suo ammirevole equipaggio, stralciando alcuni tratti dall’articolo “La missione del sommergibile Calvi” comparso sul numero di settembre 1990 ai quali si aggiunge la descrizione della battaglia finale dell’eroica unità.

L’epopea del sommergibile “Pietro Calvi” si snodò nel breve periodo della primavera – estate del 1942 quando, ai primi di marzo, fresco di lavori in bacino, risultò l’unico sommergibile operativo a disposizione del Comando di “Betasom” che lo inviò presso la costa settentrionale del Brasile, nelle acque a nord dell’Equatore, fra Capo Orange e Capo San Rocco.

La zona non era ancora stata battuta da sommergibili dell’Asse, ma vi era segnalato un intenso traffico che faceva ritenere al nuovo comandante di “Betasom”, capitano di vascello Polacchini, che il “Calvi” vi avrebbe potuto conseguire buoni risultati.

Polacchini dovette anche vincere le perplessità dell’ammiraglio Doenitz, che avrebbe voluto attendere di avere più battelli da inviarvi per accompagnare all’elemento sorpresa il fattore massa, ma finalmente, il 7 marzo, il “Calvi”, comandato dal capitano di corvetta Emilio Olivieri, partì da Bordeaux con la condizione, imposta da Doenitz, di astenersi dall’effettuare azioni offensive nelle acque territoriali del Brasile per motivi di ordine politico.

Giunto in zona di operazioni, il “Calvi” iniziò la sua attività fermando due piroscafi con distintivi di neutralità, dei quali non poté controllare la regolarità del carico per le condizioni avverse del mare.

Nel pomeriggio del 28 marzo, a circa 700 miglia da Capo Orange, (nord della foce del Rio delle Amazzoni) il sommergibile intercettò un piccolo convoglio di 4 navi, tra le quali la portaerei di scorta britannica “Archier”, accompagnata dall’incrociatore pesante “Devonshire” e da tre cacciatorpediniere del 1° Gruppo di appoggio, che scortavano un convoglio nemico. Il “Calvi”, costretto in immersione per non farsi avvistare da un aereo di vigilanza che si manteneva sopra il convoglio, quando poté riemergere, avvistò un piroscafo isolato dal convoglio.

Il comandante Oliveri non ebbe esitazione: inseguì il mercantile durante le ore diurne e, calata la notte, gli si avvicinò e lo colpì con due siluri affondandolo. Si trattava del cargo britannico “Tredinnik”, di 4.589 tonnellate.

Nel pomeriggio del 31 marzo, a circa 400 miglia da Capo Orange, verso cui stava rientrando, il “Calvi” attaccò la petroliera statunitense “T.C. McCobb” di 7.552 tonnellate, e dopo averla colpita più volte con il cannone, dovette lanciare ben sei siluri per poterla affondare.

Quindi, il sommergibile raggiunse le acque adiacenti a Capo San Rocco, punto focale di traffico e di incrocio delle rotte tra il nord e il sud America e con l’Africa equatoriale e meridionale, dove, nella notte tra il 9 e il 10 aprile attaccò la petroliera statunitense “Eugene V.R. Thayer”, di 7.138 tonnellate, col cannone e i siluri, uno dei quali raggiunse la nave che affondò lentamente e in fiamme, verso l’alba del 10.

“Betasom” ordinò al “Calvi” di spostarsi fra Capo San Rocco e l’isola Fernando di Noronha, seguendo una rotta prevalentemente vicina alla riviera continentale, dove era stato segnalato intenso traffico nemico.

Il sommergibile eseguì e, il giorno dopo, intercettò, silurò e poi affondò, a cannonate, la moderna motonave norvegese “Baikis”, di 2.161 tonnellate.

Al “Calvi” erano rimasti solo tre siluri, ma “Betasom” gli ordinò di restare nella zona assegnata fino al completo esaurimento delle armi.

Il successivo 12 aprile, il comandante Olivieri, con i suoi ultimi siluri, poté affondare la petroliera panamense “Ben Brush”, di 7.691 tonnellate, col suo prezio- so carico di greggio.

Il sommergibile rientrò a Bordeaux il 29 aprile, dopo 55 giorni di mare, durante i quali aveva navigato per 9.443 miglia e affondato 5 navi mercantili per 29.031 tonnellate di stazza lorda. Per tale successo, al comandante Olivieri fu conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare.

Purtroppo Olivieri si ammalò proprio mentre il “Calvi” si apprestava a salpare per una nuova missione, destinazione le Piccole Antille.

Il comando fu affidato all’anziano capitano di fregata Primo Longobardo che non fu fortunato come Olivieri.

Infatti, la sera del 15 luglio 1942, mentre si preparava ad attaccare un convoglio britannico localizzato dal sommergibile tedesco U-130 a ovest delle Canarie, il “Calvi” fu individuato dai radar delle unità di scorta nemiche.

Fatto segno da numerose cariche di profondità, fu costretto ad emergere per i danni subiti e affrontò in superficie le unità inglesi. Il fuoco avversario era preponderante.

Il comandante Longobardo, trovandosi in torretta, fu uno dei primi a cadere colpito dai proiettili nemici.  

Il “Calvi”, danneggiato in parti vitali, malgrado tutti i tentativi e gli sforzi compiuti dall’equipaggio ora comandato dall’Ufficiale di Macchina, il capitano del Genio Navale Aristide Russo, ufficiale più elevato in grado rimasto in vita, non poteva più muovere ed imbarcava acqua.

Lo sloop inglese “Lutworth” fu quindi in grado di avvicinarsi abbastanza per abbordare il battello italiano ed un ufficiale inglese salì a bordo per eseguirne la cattura.

Si trovò, però, la strada sbarrata dal capitano Russo che, alla richiesta di resa, si lanciò addosso all’inglese, impegnandosi in un corpo a corpo ultimo e decisivo in difesa della propria unità e dell’onore del Paese, e lo trascinò con sé a mare, non arrendendosi, non consegnando la nave al nemico e impedendo cosi alla Marina inglese di impossessarsi del battello che, poco dopo, affondava.

Per questo atto di fulgido eroismo, al Capitano del Genio Navale Aristide Russo fu conferita “alla memoria” la Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione:

“Direttore di macchina su sommergibile oceanico in lunga missione di guerra, fronteggiava con perizia i danni ingenti subiti dal battello in seguito a violentissimo attacco subito da unità avversarie.  

Costretto, infine, il sommergibile ad emergere per le notevoli avarie ed impegnato in impari ed aspro combattimento in superficie, apportava concorso essenziale a superare la difficoltà per le avarie subite.

Scompariva in mare offrendo la propria vita alla Patria trascinando con sé un ufficiale avversario, impedendogli così di salire a bordo dell’unità che poco dopo affondava.

Atlantico l4 luglio l942
Il combattimento fu davvero “epico” e toccò livelli di eroismo inusitati, al punto che l’episodio di abnegazione della “Gente del Calvi“ venne riportato da tutta la stampa italiana, tedesca ed anche da quella inglese dell’epoca e venne seguito con molto interesse e partecipazione dalla popolazione dei paesi in guerra.

 

 
 
Foto gentilmente concesse dal giornalista Silvio TASSELLI - www.silviotasselli.com

 

 

 

Pubblicato sul periodico "Il Nastro Azzurro" n. 3 2007

 

 

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